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Naspi 2025, cambiano i requisiti per la disoccupazione, serviranno più settimane di contributi: ecco le nuove regole

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Naspi 2025, cambiano i requisiti per la disoccupazione, serviranno più settimane di contributi: ecco le nuove regole
La Legge di Bilancio 2025 ha modificato i requisiti per accedere alla Naspi nel caso di licenziamento a seguito di dimissioni volontarie da precedente occupazione
Dal 1° gennaio 2025, con l’ultima Legge di Bilancio, sono state introdotte nuove regole per accedere alla c.d. Naspi.

Lo scopo di queste novità è limitare gli abusi relativi a tale indennità di disoccupazione.

Quali sono le novità per il regime della Naspi a partire dal 2025?

La Naspi (cioè la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è un’indennità mensile di disoccupazione, istituita dal D.Lgs. n. 22 del 2015 (c.d. Jobs Act), che viene erogata su domanda del soggetto interessato e che spetta al lavoratore subordinato il quale ha perduto involontariamente l’occupazione.

In generale, per accedere a questa prestazione, sono necessari alcuni requisiti:
  • occorre uno stato di disoccupazione involontaria: cioè si fa riferimento a quei soggetti disoccupati (senza impiego) che abbiano perso involontariamente la propria occupazione;
  • inoltre, bisogna soddisfare anche un requisito contributivo: è necessario aver accumulato almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

Dunque, come appena detto, lo stato di disoccupazione deve essere involontario. Quindi, in caso di dimissioni o di risoluzione consensuale, il soggetto non potrà percepire l’indennità di disoccupazione. Però, se sussistono gli altri requisiti, l’accesso alla Naspi è comunque possibile in altri casi particolari come, ad esempio, quello di dimissioni per giusta causa o di licenziamento disciplinare.

Attualmente, quali sono i requisiti per accedere alla Naspi?

Le nuove regole per l'accesso alla Naspi - a partire dal 2025 - prevedono alcuni cambiamenti rispetto agli anni scorsi.

Le variazioni riguardano soprattutto i casi di dimissioni volontarie e il calcolo dei contributi.

In particolare, la nuova disciplina interessa quel lavoratore che prima ha presentato dimissioni volontarie da un impiego e che, poi, è stato assunto, nei 12 mesi successivi, da un altro datore di lavoro e, infine, è stato licenziato da quest’ultimo.

In base alle novità del 2025, in questa situazione, il lavoratore licenziato non avrà diritto alla Naspi se non ha accumulato almeno 13 settimane di contribuzione (cioè, 3 mesi) nel nuovo impiego: ossia, il lavoratore non potrà percepire l’indennità di disoccupazione se il nuovo rapporto di lavoro non è durato almeno 13 settimane.

Dunque, cosa è cambiato dal 1° gennaio di quest’anno?

Volendo fare un esempio, pensiamo a un lavoratore che si dimette volontariamente nel mese di gennaio e che poi viene assunto da un nuovo datore di lavoro nel mese di aprile dello stesso anno, ma successivamente viene licenziato dopo un mese.

Prima dell’intervento dell’ultima Legge di Bilancio, in un’ipotesi come questa, il lavoratore aveva diritto all’indennità. Infatti, il licenziamento deve essere considerato una perdita involontaria del lavoro.

Invece, con la nuova disciplina del 2025, nel nostro esempio, il lavoratore licenziato non potrà percepire la Naspi in quanto il nuovo impiego lavorativo ha avuto una durata inferiore a quella richiesta dalla normativa e, quindi, non è stato rispettato l’attuale requisito delle tredici settimane (almeno) di contribuzione nel nuovo rapporto di lavoro.

In parole povere, con la nuova normativa, per poter accedere alla Naspi nel caso di licenziamento, il soggetto, che cambia occupazione volontariamente, deve comunque assicurare una durata di almeno tredici settimane nella nuova attività lavorativa.

Perché questo cambiamento?

L’obiettivo è quello di garantire l’equità del sistema e di prevenire eventuali abusi.

Infatti, per un verso, la nuova disciplina crea un collegamento più forte tra il diritto all’indennità di disoccupazione e il requisito della contribuzione.

Per altro verso, le ultime modifiche puntano a combattere la condotta di chi riusciva a risultare idoneo a percepire la Naspi anche nel caso di dimissioni volontarie, grazie ad alcuni espedienti. Pensiamo al classico caso del soggetto che, dopo aver presentato le proprie dimissioni, si rivolgeva a un datore di lavoro disposto ad assumerlo per poi licenziarlo nel breve periodo.

Solo il tempo ci dirà se queste nuove disposizioni riusciranno davvero a contrastare i cc.dd. furbetti della Naspi.

 

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