Associazione badanti colf domestiche - Friuli Venezia Giulia e Veneto organizzazione No Profit
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                   prescrizione diritti Busta paga                           errata / contestata          

la badante può impugnare tutte le buste paga, consegnate dal datore di lavoro, se ritiene che siano errate, entro 5 anni dalla fine del rapporto

 

Crediti di lavoro esigibili fino 5 anni dopo la cessazione del rapporto.

avv. Studio: Marcello Albini   |   Diritto del LavoroTutte le News

La causa per il recupero di “crediti di lavoro” (buste paga, tfr, ecc..) potrà arrivare per i crediti maturati a far data

da luglio 2007 in poi, i quali  saranno reclamabili entro 5 anni dalla cessazione del rapporto lavorativo, in quanto la prescrizione quinquennale dei “crediti di lavoro” inizia a decorrere solo dopo l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro.

 

Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza n.ro 26246/2022, modificando in maniera favorevole al lavoratore il precedente orientamento secondo cui per poter individuare il giorno dal quale fare iniziare a decorrere il termine di prescrizione fosse necessaria e imprescindibile una valutazione caso per caso, volta ad accertare la sussistenza di una effettiva c.d. “tutela reale” a favore del lavoratore (ovvero con diritto del lavoratore alla reintegrazione nel rapporto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo), quanto di un concreto timore del licenziamento strettamente connesso alla instabilità del rapporto di lavoro.

 

Ai sensi dell’art. 2948 del Codice Civile, le somme non erogate dal datore di lavoro al lavoratore,

con periodicità annuale o infrannuale (buste paga, straordinari, ecc..) e l

e indennità per cessazione del rapporto di lavoro (Tfr) si prescrivono i5 anni.

 

Il termine di 5 anni, ai sensi dell’art. 2935 del Codice civile, decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (quindi, solo teoricamente da quando matura ed è esigibile il credito).

 

Tuttavia, la Cassazione ritiene oggi che la decorrenza del termine non possa più operare in costanza di rapporto.

 

Ciò in quanto la Legge Fornero (prima) e la riforma Jobs Art (poi), hanno comportato che la “tutela reintegratoria” a favore del lavoratore abbia ormai un carattere meramente residuale, tale da ingenerare inevitabilmente timore nel dipendente riguardo al datore di lavoro per la sorte del suo posto di lavoro laddove intendesse far valere un proprio credito nel corso del rapporto (timore che lo potrebbe ragionevolmente portare a non avanzare pretese retributive nel corso del rapporto paventando reazioni del datore di lavoro che comportino la risoluzione del rapporto).

 

Per effetto del nuovo orientamento giurisprudenziale, le imprese si troveranno oggi esposte alle vertenze del personale per i 5 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro e per tutti i diritti che non risultassero già estinti all’entrata in vigore della legge Fornero 92/2012 (allorquando è di fatto cessata la “tutela reale” a favore del lavoratore).

 

In altre parole, qualunque datore di lavoro è oggi esposto a potenziali controversie per crediti dei lavoratori a far data da luglio 2007 (ovvero, fino 5 anni prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero) che saranno                                                                                    reclamabili fino 5 anni dopo la cessazione del rapporto.

 

Si deve segnalare, tuttavia, la sentenza del Tribunale di Bari n. 2179/2023 che, disattendendo, il nuovo indirizzo sopra esposto della Corte di Cassazione, si è espresso a proposito del termine di prescrizione dei crediti retributivi affermando che i rapporti di lavoro che ricadono sotto l’egida della Legge Fornero siano dotati di stabilità tale da ritenere che il termine prescrittivo debba decorrere dal momento in cui i crediti sono sorti e non dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, ritenendoli, nel caso di specie, prescritti.

                                 articolo tratto da 

 

©opyright Studio Legale Albini & Partners

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Nel rapporto di lavoro dipendente

Come si è accennato poco fa i crediti di lavoro dipendente possono essere:

  • crediti che derivano da differenze retributive;
  • crediti che derivano da differenze contributive.

La tutela del credito di lavoro interviene in caso di insolvenza del datore di lavoro, cessazione dell’attività, quando si verifica un trasferimento d’azienda, per i dipendenti delle imprese appaltatrici.

In questa sede interessano i crediti di lavoro aventi natura retributiva e su ciò verterà l’approfondimento.

I crediti che derivano da differenze retributive sono tutte le componenti della retribuzione del lavoratore subordinato. Compongono la retribuzione del dipendente:

  • la paga mensile (dove si intendono ricompresi le ferie e i permessi maturati);
  • le mensilità aggiuntive;
  • il trattamento di fine rapporto;
  • e in ogni caso tutte le somme erogate dal datore di lavoro che trovano la loro causa nel rapporto di lavoro.

La contribuzione nel rapporto di lavoro è obbligo del datore di lavoro. Specifiche tutele sono previste dal nostro ordinamento nel caso in cui il datore di lavoro non adempia tale obbligo. La mancata contribuzione da parte del datore di lavoro può configurare le fattispecie dell’omissione o dell’evasione contributiva

                         La prescrizione dei crediti di lavoro

I crediti di lavoro non si prescrivono tutti negli stessi tempi. Per alcuni di essi inoltre opera l’istituto delle prescrizioni presuntive secondo cui sebbene la legge non disponga di un termine di prescrizione diverso da quello ordinario e si presume che tali diritti si prescrivano in termini più brevi. La presunzione opera in quanto l’inerzia dell’esercizio di determinati diritti per un periodo di tempo breve fa presumere che il debito sia stato estinto.

Ad esempio il diritto di credito derivante dallo stipendio mensile non pagato si prescrive in un anno. Si prescrivono in tre anni invece, ai sensi dell’articolo 2956, primo comma, n. 1 del codice civile il diritto dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese. La prescrizione triennale appena accennata opera ad esempio per le mensilità aggiuntive secondo l’orientamento giurisprudenziale affermatosi.

La sentenza n. 4689/2019

L’istituto della prescrizione inoltre opera in maniera non del tutto propria con riferimento ai crediti di lavoro.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 4689/2019 infatti ha affermato che “Tale istituto, incontestabilmente ritenuto applicabile, anche se decisamente in via residuale, ai crediti di lavoro, non costituisce prescrizione in senso proprio, non comportando l’estinzione del diritto, giacché si limita ad integrare – a fronte del decorso del tempo stabilito ex lege – una presunzione legale del suo soddisfacimento, che può essere superata fornendo in giudizio la prova contraria nei limiti ammessi dallo stesso codice civile. La presunzione può essere infatti, vinta sia attraverso la confessione giudiziale del datore di lavoro, sia attraverso il deferimento al medesimo datore di lavoro del giuramento decisorio (ex artt. 2959 e 2960 c.c., ferme restando le implicazioni di carattere penale ed anche risarcitorio a carico del datore che abbia giurato il falso (ex art. 2738 c.c.)”.

La Corte perciò distingue tra la prescrizione ordinaria estintiva del diritto che si realizza in dieci anni e la prescrizione presuntiva breve triennale che si applica con maggiore frequenza ai crediti di lavoro.

Riassumendo dunque i termini di prescrizione dei crediti di lavoro avente natura retributiva sono:

  • 5 anni per le indennità di fine rapporto di lavoro;
  • 3 anni per gli elementi retributivi corrisposti a periodi superiori al mese;
  • 1 anno per gli elementi retributivi corrisposti a periodi inferiori al mese.

Tredicesima e prescrizione

La tredicesima mensilità si prescrive in tre anni.

A chiarirlo è stata la sentenza n. 4687/2019, con cui la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha precisato che la prescrizione presuntiva triennale di cui all’art. 2956 c.c. opera anche per i crediti per mensilità accessorie (come la tredicesima), e in generale a tutte le retribuzioni corrisposte per periodi superiori al mese.

La corte in particolare esordisce sul punto facendo richiamo all’articolo 2948, primo comma, n. 4 del codice civilesecondo cui si prescrive in 5 anni “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. Tale prescrizione quinquiennale tuttavia concorre con quella triennale di cui all’articolo 2956, primo comma, n. 1 del codice civile secondo cui si prescrivono in tre anni i diritti dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese. E con quella annuale di cui all’articolo 2955 del codice civile per le retribuzioni corrisposte a periodi inferiori al mese.

Conclude tuttavia affermando che la prescrizione presuntiva triennale disciplinata dalla disposizione da ultimo richiamata, può essere invocata anche in relazione alle mensilità aggiuntive, fermo restando che resta escluso che da ciò possa derivare un pregiudizio per il lavoratore, la cui posizione resta garantita dalla declaratoria di incostituzionalità della norma operata con la sentenza n. 63 del 1966 della Corte Costituzionale nella parte in cui consentiva che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorresse durante il rapporto di lavoro”.

Di contro, la Corte di Cassazione, nella medesima pronuncia, precisa come la stessa prescrizione presuntiva non possa applicarsi al credito sorto per il trattamento per fine rapporto, considerato che il TFR è da intendersi come pagamento in grado di esaurirsi in un unico atto, alla cessazione della relazione di lavoro.

La prescrizione del TFR

L’articolo 2498, primo comma, n. 5 del codice civile stabilisce che il diritto al trattamento

di fine rapporto si prescrive in 5 anni.

La prescrizione quinquiennale del trattamento di fine rapporto è stata confermata anche dalla Cassazione nella suddetta sentenza n. 4687/2019. Sulla scia di quanto sopra, i giudici della Suprema Corte hanno osservato che le prescrizioni di cui agli artt. 2954 e ss c.c., trovano il loro fondamento sul presupposto che in numerosi rapporti della vita quotidiana il pagamento è solito giungere con discreta immediatezza, cosicché il decorso di un periodo di tempo breve (sei mesi, un anno o tre anni) fa presumere l’estinzione del debito, determinando una inversione dell’onere della prova con la possibilità che tale presunzione sia vinta mediante gli strumenti processuali descritti sopra (cioè, confessione giudiziale del datore di lavoro o deferimento allo stesso del giuramento decisorio).

Si legge nella pronuncia che “proprio in virtù della ripetitività dei pagamenti, e della ratio che sottende la norma, finalizzata a risolvere questioni attinenti a rapporti commerciali, professionali o di lavoro, deve escludersi che il TFR possa ritenersi assoggettato alla prescrizione presuntiva”.

Il TFR è infatti un pagamento che si esaurisce in un unico atto, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, e non riveste natura periodica e non è strettamente connesso all’esecuzione della prestazione in quanto tale. Insomma, il TFR non è assoggettabile alla disciplina della prescrizione presuntiva del credito.

 

NOTA: va da se che la nostra Associazione, nel calcolare le buste paga, consiglia sempre di scrivere tutte le variazioni di orario, diurne e notturne che si verificano nel mese di lavoro, relativo alle competenze. 

 La badante, di solito, per non perdere il lavoro... sta zitta, ma poi, all'atto della fine del rapporto di lavoro, può  di diritto, reclamare tutti  gli straordinari lavorati e non conteggiati in busta paga quali: prestazioni notturne, diurne  etc...                                                 

entro 5 anni dalla fine del rapporto

Per cui la busta paga non si pò affidarla al programma standard, o all'intelligenza artificiale:  "I.A."  il quale compila, emette ed invia via @mail...            

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                  ma si devono attentamente compilarle, esaminarle, controllarle, verificarle manualmente, senza fare gli interessi di nessuno...

                        perchè alla fine sarà sempre il datore di lavoro a risponderne e quest'ultimo  tirando in causa chi ha emesso e calcolato la busta paga...

 

                 per qualsiasi dubbio o necessità....            chiamateci

                                                                         tel.:  327 3781387

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